Disturbi da Eccesso di fosfato
L’iperfosfatemia è rappresentata da una concentrazione di fosfato > 4,5 mg/dL (> 1,46 mmol/L). Le cause comprendono la malattia renale cronica, l’ipoparatiroidismo e l’acidosi metabolica o respiratoria. Le manifestazioni cliniche possono essere dovute all’ipocalcemia concomitante e comprendono la tetania. La diagnosi si basa sul dosaggio del PO4 sierico. Il trattamento comprende la restrizione dell’assunzione di fosfato e la somministrazione di antiacidi leganti il fosfato, come il calcio carbonato.
La causa più comune di iperfosfatemia è:
Diminuzione dell’escrezione renale di fosfato
L’iperfosfatemia a volte può essere causata da uno spostamento transcellulare di PO4 nello spazio extracellulare, così importante da sopravanzare la capacità escretoria renale. Questo spostamento transcellulare si verifica più frequentemente in:
- Chetoacidosi diabetica
- Lesioni da schiacciamento
- Rabdomiolisi non traumatica
- Infezioni sistemiche molto gravi
- Sindrome da lisi tumorale
L’iperfosfatemia può essere spuria in casi di iperproteinemia (p. es., nel mieloma multiplo o nella macroglobulinemia), dislipidemia, emolisi o iperbilirubinemia.
Fisiopatologia
L’iperfosfatemia svolge un ruolo decisivo nello sviluppo dell’iperparatiroidismo secondario e dell’osteodistrofia renale nei pazienti con malattia cronica renale e nei pazienti in dialisi.
L’iperfosfatemia può portare a precipitazione di calcio nei tessuti molli, specialmente quando il prodotto di calcio × fosfato sierico è cronicamente > 55 in pazienti con malattia renale cronica. La calcificazione dei tessuti molli nella pelle è una delle cause di eccessivo prurito nei pazienti con malattia renale allo stadio terminale che sono in dialisi cronica. La calcificazione vascolare si verifica anche in pazienti in dialisi con un prodotto di calcio x fosfato cronicamente elevato; questa calcificazione vascolare è un importante fattore di rischio per morbilità cardiovascolare tra cui ictus, infarto del miocardio e claudicatio.
Sintomatologia
La maggioranza dei pazienti con iperfosfatemia è asintomatica, sebbene sintomi di ipocalcemia, compresa la tetania, possano presentarsi nel caso in cui sia presente un’ipocalcemia concomitante. Le calcificazioni dei tessuti molli sono frequenti tra i pazienti con malattia renale cronica; si manifestano come noduli duri, sottocutanei, facilmente palpabili, con graffi sovrastanti. Studi di imaging mostrano spesso calcificazioni vascolari che costeggiano le principali arterie.
Diagnosi
Concentrazione sierica di PO4 > 4,5 mg/dL (> 1,46 mmol/L)
L’iperfosfatemia è diagnosticata misurando la concentrazione PO4. Se l’eziologia non è evidente (p. es., rabdomiolisi, sindrome da lisi tumorale, insufficienza renale, ingestione eccessiva di lassativi a base di PO4), è necessaria un’ulteriore valutazione per escludere un ipoparatiroidismo o uno pseudoipoparatiroidismo, ovvero una resistenza degli organi bersaglio al paratormone. Devono inoltre essere esclusi innalzamenti fittizi del PO4 misurando la protidemia, i lipidi e la bilirubina sierici.
Trattamento
- Riduzione dell’apporto di PO4
- Leganti il fosfato
- A volte diuresi salina o emodialisi
Il pilastro del trattamento in pazienti con insufficienza renale cronica in fase avanzata è la riduzione dell’apporto di PO4, che solitamente si ottiene evitando gli alimenti ad alto contenuto di PO4 e con l’assunzione di farmaci chelanti il PO4 durante i pasti. Anche se molto efficaci, gli antiacidi contenenti alluminio non devono essere utilizzati come agenti leganti il fosfato nei pazienti con malattia renale allo stadio terminale a causa della possibilità di demenza correlata all’alluminio e di osteomalacia.
Il carbonato di calcio e l’acetato di calcio sono spesso usati come leganti del fosfato. Ma il loro utilizzo richiede un attento monitoraggio a causa della possibilità di incrementare eccessivamente calcio × fosfato causando calcificazione vascolare nei pazienti in dialisi che assumono leganti contenenti calcio.
Una resina legante il fosfato senza calcio, sevelamer, è ampiamente utilizzata in pazienti sottoposti a dialisi in dosi di 800-2400 mg per via orale 3 volte/die ai pasti.
Il carbonato di lantanio è un altro chelante del fosfato senza calcio ed è utilizzato in pazienti dializzati. Viene somministrato alla dose di 500-1000 mg per via orale 3 volte/die durante i pasti.
L’ossidrossido sucroferrico combina la necessità che hanno molti pazienti in dialisi di assumere ferro elementare con la capacità di legare il fosfato. Viene somministrato alla dose di 500 mg per via orale 3 volte/die ai pasti.
L’emodialisi rimuove alcuni fosfati, ma non abbastanza da permettere alla maggior parte dei pazienti con malattia renale allo stadio terminale di evitare un’iperfosfatemia significativa senza gli interventi dietetici.
La diuresi salina può essere utilizzata per migliorare l’eliminazione del fosfato in caso di iperfosfatemia acuta nei pazienti con funzione renale intatta. L’emodialisi può abbassare i livelli di fosfati nei casi di grave iperfosfatemia acuta.